Uluru e gli Aborigeni australiani
Nella parte nord dell’Australia, immerso nel Red Center, ovvero l’area desertica chiamata così per il suo colore rosso, si trova il monolite più famoso del mondo: Uluru.
Uluru, conosciuto anche come Ayers Rock, è uno dei simboli dell’Australia, dichiarato Patrimonio dell’umanità dall’Unesco, ma non solo: è anche un luogo sacro per gli aborigeni. Ma come mai ha due nomi? Beh, Uluru è quello originale mentre Ayers Rock è quello europeo: loro lo chiamarono così quando lo scoprirono in nome del primo ministro dell’epoca, Ayers.
Cos’è esattamente Uluru?
Visto così, da lontano, potrebbe sembrare un’enorme roccia rossa, ma invece è molto di più! Uluru è un monolite alto circa 350 metri che sprofonda nel terreno per altri 6/7 km. Praticamente è un inselberg, ovvero un iceberg di terra, composto da arenaria rossa come la terra che lo circonda. Visitarlo è possibile, esistono diversi tipi di percorsi che permettono di scoprirne la storia. Ma sapete perché non si può girare liberamente? Perché ai turisti non è concesso esplorarlo tutto, data la sua sacralità. E vi dirò di più: è da poco vietato arrampicarsi sopra perché questa azione era giustamente vista come violazione del luogo sacro.
Le leggende aborigene e il Dreamtime
Il Dreamtime, ovvero il Tempo del Sogno, è per la cultura aborigena il periodo antecedente alla creazione del mondo, in parole semplici ciò che per noi è il Big Bang. Tutto ciò che è apparso in natura sono per loro tracce lasciate durante questo tempo magico grazie ai canti dei loro antenati. Vi spiego: in pratica gli antenati passeggiavano cantando e sulla loro scia nascevano monti, fiumi e rocce, tra cui anche Uluru. Forte, eh?
Uluru è un luogo magico: sia all’interno delle sue caverne che sulla sua superficie, conserva molte storie sugli aborigeni che un tempo vivevano lì. Ma non solo, sono tanti i miti e le leggende raccontate dai disegni antichi e dai segni presenti sulle sue pareti. Dai, ve ne racconto una. La leggenda narra che i buchi rotondi presenti sulla superficie, non siano lì per caso. Ma pare che Tatji, la lucertola rossa, lanciò il suo boomerang che si piantò sulla roccia. Lei, disperata, si mise a scavare la terra per ritrovarlo lasciando numerosi buchi, tutt’ora presenti. Purtroppo Tatji, non essendo riuscita a ritrovare il suo boomerang, morì in una caverna e i resti del suo corpo pare siano ancora lì.
Gli Aborigeni australiani
Gli Aborigeni australiani, prima delle colonizzazioni britanniche, vivevano sulla costa e nell’entroterra del paese. Erano divisi in clan a seconda del luogo in cui abitavano e della lingua che parlavano e trascorrevano le loro giornate tra allevamento, caccia e pesca. Un bel giorno però arrivarono i britannici e la colonizzazione: rubarono le loro terre, sterminarono molti indigeni e portarono purtroppo molte epidemie.
Anni di lotte per i loro diritti, per riavere ciò che gli era stato sottratto e per tornare a vivere in pace, in mezzo alla natura. Una ferita che è ancora aperta e che porta questo popolo a non amare giustamente i fiumi di turisti occidentali che visitano i loro territori. Ma, se si dimostra loro di essere davvero interessati alla cultura locale (e non solo al fatto di poter mettere una x sull’ennesimo luogo visitato come ahimè fanno in molti), non è detto che non aprano un pochino i loro cuori sofferenti.
Un esempio famosissimo è Chatwin, uno dei suoi capolavori, ovvero “Le vie dei canti”, lo prova: racconta il modo di vivere degli aborigeni ed alcune leggende a cui si è avvicinato “in punta di piedi”. E poi, ve lo ricordate l’articolo di un sacco di mesi fa in cui vi ho raccontato di Robyn che ha attraversato il deserto australiano da sola con quattro cammelli e un cane? Beh, senza l’aiuto del popolo aborigeno non ce l’avrebbe fisicamente fatta: ma lo scopo del suo viaggio era tutt’altro che turistico…
Qui, come in molti altri luoghi, essere viaggiatore o turista fa davvero la differenza. Il secondo, spesso, gira il mondo in maniera seriale, e, correggetemi se sbaglio, lo si riconosce da lontano. Il viaggiatore, invece, rispetta ciò che visita e parte alla scoperta di mondi lontani, spinto dal cuore e dalla curiosità. Chissà se ora, dopo ciò che è successo nel mondo, non sia proprio giunto il momento di voltare pagina nel grande libro del turismo di massa…