Venezuela, tra Calipso e Tambores
Oggi ci catapultiamo direttamente nella cultura venezuelana, a ritmo di due dei suoi balli locali, il Tambores e il Calipso. Ma prima voglio raccontarvi come sono arrivata fin qui…
Dicembre 2020, periodo tra Natale e Capodanno, gonfia dal cibo e stufa dell’Italia colorata, decido di iscrivermi ad una fat free challenge di 15 giorni no stop con un insegnante sudamericana trapiantata in quel di Milano. E al tredicesimo giorno di lezione, invece di fare combat o circuito o cose a livello militare, ci ha accolto così “chicas, hoy se baila! Bailamos el Tambores y el Calipso venezolanos!”
Il Tambores
Tambores significa tamburi e già da qui si può capire il tipo di ritmo! Ma questi suoni sono nati durante il periodo della tratta degli schiavi africani deportati in Venezuela per coltivare cacao, tabacco e tutto ciò che richiedeva un lavoro pesante. E questa musica è frutto di un mix tra suoni locali e ritmi e tradizioni degli africani.
Una musica che mette un’allegria pazzesca e che a quell’epoca ha aiutato moltissimo gli schiavi ad affrontare gli abusi e le ingiustizie che quotidianamente dovevano sopportare. E oggi il Tambores venezuelano lo si balla sulle spiagge di tutta la costa e soprattutto durante la festività di San Juan in cui un tempo era l’unica occasione in cui i “padroni” davano 3 giorni liberi agli schiavi. Perché proprio a San Giovanni?
E qui torniamo al copione solito dell’America Latina, la colonizzazione e l’obbligo alla conversione al cattolicesimo avvenuta un tempo. Ma come in Brasile nacque il Candomblé e negli Stati Uniti il Gospel, di cui vi racconterò presto, ecco che in Venezuela le feste cristiane si celebrano da sempre al ritmo di Tambores!
Il Calipso
E il Calipso invece? Una musica basata su ritmi afro antillani iniziata a Trinidad e Tobago. E com’è arrivata l’Africa nei Caraibi e poi in Venezuela? Gli schiavi africani un tempo venivano deportati anche sull’isola di Trinidad per la coltivazione delle piantagioni. Non potevano parlare tra loro e quindi cantavano per intrattenersi e per comunicare, battendo il ritmo su ciò che avevano a disposizione, come ad esempio botti o fusti. Poi però dalle isole caraibiche ci fu un’emigrazione verso il Venezuela, esattamente a El Callao, una delle città più ricche di miniere d’oro. E i colonizzatori diretti verso nuovi business portarono con loro anche gli schiavi per il lavoro duro ovviamente. E loro continuarono a cantare anche qui, con l’aggiunta di suoni e ritmi venezuelani dando vita ad un nuovo suono, il Calipso!
Un mix tra Africa, Caraibi e Venezuela, tutto in un’unica arte, che tutt’oggi è uno dei simboli della cultura del paese e non solo! Sapete che si balla anche ad una delle feste più famose del Venezuela? Il Calipso è uno dei protagonisti del Carnevale di El Callao, diventato anche patrimonio dell’umanità dell’Unesco. Ma quante cose ci insegna la storia? E quanta musica c’è ad ogni festa per le strade del Venezuela? E quanta allegria!